Social bloccati fino a 15 anni, ma niente educazione e prevenzione

(Bologna, 24 ottobre 2025). In Italia sta prendendo corpo una proposta (che riceve un consenso bipartisan) per impedire l’accesso ai social network fino ai 15 anni. Questo avverrebbe grazie a uno sbarramento costituito da un sistema di verifica dell’età tramite documento digitale nazionale. Un’iniziativa che viene considerata sulla scia del Digital Services Act dell’UE che, per la verità, impone obblighi solo alle piattaforme online. Obblighi inerenti la protezione dei minori, la trasparenza e la rimozione di contenuti illegali.

Ancora una volta, quando non si sa come prevenire il disagio adolescenziale, si preferisce proibire

Ma quale “buon senso”?

I social bloccati fino a 15 anni è “buon senso”, dicono a destra e a manca. Ma sembra più un tentativo di lavarsi la coscienza di fronte a ciò che è accaduto negli ultimi vent’anni: una rivoluzione digitale accolta passivamente.  Un grande cambiamento tecnologico e sociale del quale sono state sottovalutate le implicazioni psicologiche ed educative. I social sono stati presi come un gioco, un album di famiglia o meglio, un’esibizione collettiva di stili di vita, spesso artefatti e fuorvianti. 

Quei comportamenti diseducativi

Spesso sono gli stessi genitori a offrire modelli disfunzionali: uso acritico e passivo dei social, scroll compulsivo, esposizione eccessiva della vita familiare, e l’uso del dispositivo come baby-sitter o mediatore affettivo. Anche affidarsi al luogo comune dei “nativi digitali” come più competenti online può diventare un comodo alibi per chi non vuole impegnarsi davvero nell’educazione: i ragazzi sanno usare con dimestichezza i device, ma non possiedono ancora competenze emotive e metacognitive sufficienti per comprendere e gestire in modo critico le proprie esperienze.

Li abbiamo visti tutti… o no?

Ho visto giovani mamme dare l’esempio, mettendosi in posa sexy da influencer per farsi fotografare dalle figliolette.

Infanti cercare invano una conferma affettiva nello sguardo di un adulto nascosto dietro uno smartphone che li stava filmando: un video al posto di un rinforzo educativo, l’iPhone come surrogato di affettività.

Adulti criticare una madre che aveva tolto lo smartphone dalle piccole dita e dagli occhi stralunati del figliolo, tra 12 e 18 mesi di vita, facendolo piangere. Giudici senza giudizio, perché ignari delle linee guida pediatriche che raccomandano di tenere lontani dagli schermi (sì, anche dalla TV) i bambini fino ai due anni, per consentire un più corretto sviluppo neuro-psicologico.

Genitori al ristorante piazzare un tablet nelle mani dei figli pur di tenerli tranquilli, impedendo loro di imparare a gestire la noia, la rabbia, la frustrazione. Impedendo loro di imparare, con l’aiuto degli adulti, a stare con gli altri. Soli, nel loro isolamento, dentro mondi che non sempre sono progettati per il loro bene.

“Che sarà mai un videogioco?”, si dicono gli adulti tra loro, senza chiedersi se quell’app sia educativa o, piuttosto, un primo passo verso la dipendenza, e non solo. 

Ho  visto su TikTok madri spingere le loro bambine a fare le influencer di cosmetici e sfilare con abitini e costumi da bagno da grande in miniatura. Piccole modelle di una moda che sessualizza le bambine. Tutto questo per una manciata di like e qualche euro dagli sponsor. E sul marketing di certi brand ci sarebbe molto da dire.

E ho visto neonati messi in posa come star, sempre per qualche like, quando ancora non sono in grado di distinguere se stessi dagli altri. Non hanno ancora acquisito la loro identità e se ne trovano già una digitale. Come se non avessero diritto, al pari di tutti gli esseri umani, alla privacy e a decidere come usare la loro immagine. Esposti al pubblico. Esposti agli orchi con una leggerezza disarmante.

E poi c’è la pornografia

È vero: l’accesso ai contenuti per adulti è troppo facile, e sono convinto che non tutte le piattaforme riescano nemmeno a controllare l’età di chi, quei video, li pubblica. Ma rendere (giustamente) più difficile la fruizione, come chieede l’UE, senza introdurre allo stesso tempo l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole è pura ipocrisia.

Qualcuno potrà dire che è meglio di niente: una rassegnazione devastante di fronte a questo odio sommerso nei confronti delle nuove generazioni.

Si dice che l’educazione sessuale debba essere competenza esclusiva della famiglia, ma intanto OnlyFans e piattaforme simili sono piene di giovanissimi che vendono immagini e prestazioni in diretta “live”, dichiarando con orgoglio al critico di passaggio di guadagnare tantissimo. E non avere problemi con mamma e papà.

Basta ascoltare, o guardare su YouTube, le interviste de La Zanzara, il programma di Radio24: ragazzi e ragazze appena maggiorenni che parlano di sesso e denaro, con il candore di chi ha ricevuto una bussola educativa senza lancette.

Vietare i social a 15 anni per lavare la coscienza pubblica senza pulire davvero nulla

Questa proposta di “controllo”, che sembra unire politici di destra e di sinistra, è l’illusione che il compito educativo possa essere delegato alla tecnologia: app, filtri, blocchi, età digitale. Così facendo, si deresponsabilizza l’adulto proprio quando il suo ruolo è più che mai fondamentale.

Proibire senza educare per prevenire è un atto sterile. Bloccare i social a 15 anni è un divieto che ignora colpevolmente ciò che accade prima, e ciò che accadrà dopo. Una proposta che lava la coscienza pubblica senza pulire davvero nulla.

I giovani hanno bisogno di strumenti critici per capire come funzionano le logiche dei  social, come agiscono gli algoritmi, cosa accade a livello emotivo nella scarica dopaminergica del like. Senza questa consapevolezza, i divieti servono a poco: spostano solo il problema più avanti, in questo caso a 16 anni, come se un compleanno risolvesse qualcosa. 

I rischi del digitale inconsapevole non sono pochi

L’uso precoce e non regolato dei social, unito alla mancanza di un’educazione adeguata e di modelli genitoriali non funzionali a una corretta educazione digitale e a una immatura capacità di regolazione delle emozioni che può portare a comportamenti rischiosi, può favorire frammentazione del Sé, esposizione a comportamenti disadattivi, cyberbullismo, ritiro sociale, controllo ossessivo dell’altro (stalking), grooming (adescamento), dipendenze digitali e gambling patologico, sexting con violazioni della privacy molto pericolose, che si saldano al cyberbullismo fino a provocare anche tragedie, come le cronache ci hanno descritto troppe volte. 

Scaffolding emotivo: il vero strumento di prevenzione

Nessun filtro o blocco può prevenire questi rischi senza il sostegno attivo e progressivo di un adulto. Serve quello che gli psicologi chiamano scaffolding emotivo: un accompagnamento graduale da parte di genitori, educatori e insegnanti che aiuti il minore a sviluppare competenze emotive e relazionali. Significa aiutarlo a dare significato alle esperienze affettive, nel mondo fisico come nell’online, e offrirgli una base sicura digitale (Volpi, 2017). Solo così potrà costruire una rappresentazione coerente di sé, gestire frustrazioni, esclusioni ed esposizione, e navigare nel digitale con consapevolezza, empatia e spirito critico.

Servono vera educazione digitale e media education

Servono vera educazione digitale e media education, non solo per i ragazzi.  Un’efficace tutela dei minori non può prescindere da un progetto pedagogico continuo, rivolto tanto ai giovani quanto ai genitori, agli insegnanti e agli educatori. Solo così possiamo restituire senso e responsabilità al ruolo dell’adulto del ventunesimo secolo. Proibire solamente non ha mai funzionato, e molto probabilmente non funzionerà nemmeno ora. 

Massimo Max Calvi

Sono a disposizione di scuole, biblioteche, centri culturali, comuni e associazioni di promozione sociale per incontri di approfondimento sui temi dell’educazione ai media.

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Illustrazione di una famiglia a cena al ristorante, con il padre che parla con la madre e il loro bambino di 5 anni è assorto in un tablet, ignorato dai genitori. Deve rappresentare l'errore educativo che fanno i genitori quando vogliono tenere calmo il piccolo con un device

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