Mi capita spesso di udire persone, per lo più imprenditori o dirigenti, accomunare la figura del Coach a quella del cosiddetto “motivatore” aziendale. L’equivoco nasce dalla figura del coach sportivo, che è un allenatore e ha certamente anche un ruolo motivazionale. Celebre è il discorso dello spogliatoio di Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”.
A volte il Coach viene confuso con un formatore o un misto di formatore e motivatore, figure di cui abbondano i talent-show, ma anche in questo caso il paragone non calza.
Il metodo del coaching può generare effetto auto-motivante
Diciamo subito una cosa: il metodo del Coaching può generare un effetto auto-motivante nella persona o nel team, in questo senso sì, possiamo accettare l’equazione Coach=motivatore. Auto-motivante significa che è la persona/cliente, ovvero il coachee, che nel suo percorso di Coaching inquadra meglio cosa desidera e qual è il suo obiettivo. Questo in molti casi ho notato che genera un primo entusiasmo interiore, semplicemente perché si vede una meta e si comincia a intuire che è raggiungibile.
Una seconda ondata di energia arriva quando, sempre nell’abito del percorso di Coaching, la persona o il gruppo cominciano a definire un piano d’azione. Un piano d’azione che non è dettato dal Coach (perché il Coach non è un formatore e non è un consulente) ma viene dalla persona stessa, durante il colloquio in sessione.
Rispondendo alle domande del Coach ogni coachee vede sempre più chiari quali sono i passi da compiere per raggiungere l’obiettivo, le vere difficoltà da superare e individua anche chi o cosa può aiutarla.
Auto-definendo il proprio piano d’azione si mettono le basi per un impegno del tutto “ecologico” ed “egologico”, ossia in piena armonia con la persona e, grazie a ciò, con grandi possibilità di compimento. Per questo il Coaching, quello autentico, funziona, sia in ambito privato-personale, sia in ambito lavorativo-business, a gruppi o individualmente.
Affidatevi sempre a un Coach professionista
E’ dunque importante affidarsi a un Coach professionista, il quale utilizza il metodo del Coaching e lo fa secondo regole etiche precise, nel mio caso sono quelle fissate dall’ICF, la più grande organizzazione mondiale di Coach, dalla quale ho ottenuto le credenziali certificate ACC.
Una volta definito il suo piano d’azione il coach potrà, se il coachee lo gradisce e lo ritiene utile, seguire la persona (o il team) con dei check periodici per verificare l’andamento del percorso di cambiamento. Ogni buon risultato ottenuto durante le sessioni o durante lo svolgimento del piano d’azione, sarà celebrato dal Coach. Al contrario il Coach non giudicherà o criticherà la persona (o il team) in caso di insuccesso ma, al contrario, cercherà di esplorarne le cause.
Come abbiamo visto, qui non si tratta di motivazione, non si fa il tifo a bordo campo né tantomeno da un palco. Quella è davvero un’altra cosa, i cui effetti peraltro non sono duraturi poiché legati a un climax che tende a scemare nel tempo, una volta rientrati nella routine e nelle zone di comfort.
Il motivatore è davvero una figura diversa, che può certamente avere la sua utilità per ottenere entusiasmo e performance nel contingente, ma non fa Coaching. Il Coaching è un metodo che lavora sul cambiamento e sulla consapevolezza delle singole potenzialità da mettere in gioco.
Massimo Max Calvi ©2019